Il Parlamento

(Potere legislativo)

è diviso in:

 

Camera dei deputati

Sede: Montecitorio

 

- a suffragio universale da chi ha compiuto i 18 anni

- si possono eleggere, a deputato, elettori che hanno superato i 25 anni di età

 

Senato

Sede: Palazzo Madama

- a base regionale

- a suffragio universale da chi ha compiuto i 25 anni

 

L'articolo 55 della Costituzione statuisce che il Parlamento italiano si compone di due organi: la Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica, ai quali la Costituzione assegna identici poteri, in virtù del principio del bicameralismo paritario voluto dai costituenti.

In sintesi, le principali funzioni ad essi attribuite sono:

·         la funzione di revisione costituzionale (articolo 138 della Costituzione);

·         la funzione legislativa (articoli 70 e seguenti);

·         la funzione di indirizzo politico, che si esprime tramite il conferimento e la revoca della fiducia al Governo (articolo 94), nonché attraverso l'approvazione di mozioni, risoluzioni e ordini del giorno;

·         la funzione di controllo sull'Esecutivo, che si concretizza mediante gli atti di sindacato ispettivo (interrogazioni, interpellanze, mozioni).

Ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, ciascuna Camera può poi disporre inchieste su materie di pubblico interesse, nominando a tal fine fra i propri componenti apposite commissioni - anche bicamerali - dotate degli stessi poteri e degli stessi limiti dell'autorità giudiziaria.

La Costituzione prevede inoltre che le Camere si riuniscano congiuntamente - si parla allora di un terzo organo, il Parlamento in seduta comune, che viene presieduto dal Presidente della Camera dei deputati - per esercitare alcune specifiche funzioni:

·         l'elezione del Presidente della Repubblica, alla quale partecipano anche i delegati regionali, secondo quanto stabilito dall'articolo 83 della Costituzione;

·         la messa in stato d'accusa dello stesso Presidente per i reati di alto tradimento o di attentato alla Costituzione (art. 90);

·         la ricezione del giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione da parte del Capo dello Stato, condizione indispensabile affinché questi possa assumere le sue funzioni (art. 91);

·         l'elezione di un terzo dei giudici costituzionali (art. 135), nonché di un terzo dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura (art. 104).

Il Senato e la Camera, eletti a suffragio universale, diretto e segreto, durano in carica cinque anni, a meno che il Presidente della Repubblica non eserciti il potere di scioglimento anticipato conferitogli dalla Costituzione, per entrambe o anche per una sola delle due. La durata della legislatura è, quindi, identica per entrambe le Camere, che invece si differenziano per la composizione ed i criteri di elezione.

I 630 deputati, la cui età non può essere inferiore ai 25 anni, vengono eletti da tutti i cittadini maggiorenni; i 315 senatori elettivi, la cui età non può essere inferiore ai 40 anni, vengono invece eletti dai cittadini che abbiano compiuto il 25° anno di età.

La Camera dei deputati - precisa la Costituzione - è eletta su base circoscrizionale, nel senso che la ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica - quale risultante dall'ultimo censimento generale della popolazione - per 618 e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ciascuna circoscrizione (articolo 56). I restanti 12 seggi sono riservati alla Circoscrizione Estero.

Il Senato - dice la Costituzione - è invece eletto su base regionale: 309 seggi elettivi sono quindi ripartiti fra le Regioni in proporzione alla loro popolazione. 6 seggi sono assegnati dalla Costituzione alla Circoscrizione Estero.

Oltre ai componenti elettivi, in Senato siedono gli ex Presidenti della Repubblica quali senatori di diritto e a vita, nonché i senatori a vita, nominati dal Presidente della Repubblica fra i cittadini che abbiano illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico o letterario.

Funzionamento generale della Camera dei Deputati

La Camera è costituita da tutti i deputati riuniti in seduta a Montecitorio, che organizzano il proprio lavoro secondo un calendario costituito da ordini del giorno. Alle riunioni dell'assemblea ha diritto di assistere alle sedute anche il Governo con i suoi ministri. Se richiesto, il Governo ha l'obbligo di partecipare alle sedute. Reciprocamente, il Governo ha diritto di essere sentito ogni volta che lo richiede[6].

La durata in carica della Camera (e così pure del Senato) è di cinque anni, ma continua a esercitare il mandato elettorale in due casi:

La prorogatio, prevista dall'art. 61.2 della Costituzione, è un istituto per cui l'organo scaduto continua ad esercitare le proprie funzioni fino alla prima riunione della nuova Camera.

La proroga, prevista dall'art. 60.2, che può essere disposta con legge ordinaria e solo in caso di guerra.

La Camera, secondo l'art. 62 della Costituzione, si riunisce di diritto due volte l'anno, il primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre. Il presidente dell'assemblea, il presidente della Repubblica o un terzo dei componenti dell'assemblea può convocarla in via straordinaria (nel qual caso, il Senato può riunirsi di diritto).

Quando il Governo emana provvedimenti d'urgenza con forza di legge (decreti legge) deve presentarli al Parlamento per la richiesta di conversione in legge ordinaria il giorno stesso della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Se le Camere sono state sciolte, vengono appositamente convocate e devono riunirsi entro cinque giorni (art. 77 Cost.).

L'art. 64 della Costituzione, dispone che ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti. È ovvia interpretazione che anche eventuali modifiche ed integrazioni del dispsoto regolamentare siano sottoposte al vaglio finale dell'assemblea con analoga maggioranza parlamentare. La Giunta per il Regolamento della Camera e del Senato svolgono un ruolo di consulenza tecnico-giuridica su questa importante materia.

Il Regolamento della Camera e del Senato disciplinano, in modo tra loro indipendente anche se coordinato, le modalità di esercizio delle funzioni dei due rami del Parlamento, la definizione degli organi e delle procedure, nonché l'organizzazione interna, nel rispetto dei principi posti dalla stessa Costituzione[7].

Per la natura regolamentare dell'atto e per i principi costituzionali di autonomia dei due rami del Parlamento cui dà attuazione, esso non è sottoposto al vaglio di legittimità della Consulta, se non per il formale rispetto dei requisiti di approvazione.

 

Maggioranza alla Camera

I criteri per verificare l'esistenza di una maggioranza alla Camera sono disciplinati dall'articolo 64 della Costituzione.

Una seduta della Camera è valida se è presente la maggioranza dei componenti: il numero legale è quindi 316 (la metà più uno degli aventi diritto a partecipare). Questo quorum è definito strutturale. Tale numero legale si suppone esistente, finché non ne viene richiesta la verifica da alcuni parlamentari o dal presidente dell'Assemblea. Nel caso non si raggiunga il numero legale la seduta è tolta o rinviata.

Una delibera della Camera è valida se è votata dalla maggioranza dei presenti. Questo quorum è detto funzionale. La Costituzione prevede anche maggioranze diverse per casi speciali.

 

Ruolo dell'astensionismo

L'articolo 64, terzo comma, della Costituzione prevede che le proposte, salve le maggioranze speciali previste, sono ordinariamente "adottate a maggioranza dei presenti".

Nel regolamento della Camera è previsto che la maggioranza sia calcolata sulla base del numero dei deputati che nella votazione hanno espresso un voto, favorevole o contrario (considerati "presenti"), non contando gli astenuti (considerati "assenti"), calcolati invece ai fini del numero legale. Pertanto, se vi sono numerosi deputati (di solito gruppi) che si astengono, la maggioranza (ossia il numero minimo di voti favorevoli che una proposta deve ricevere per essere approvata) cala molto, proprio per questa definizione data di "presenti". La Corte costituzionale, investita dell'argomento, si è espressa nella sentenza n. 78 del 1984 (vedi, in particolare, i punti 3 e 4 del "diritto"); il giudice a quo metteva, infatti, in dubbio, la legittimità costituzionale della norma regolamentare (art. 48, co. 2), ritenendola in contrasto con l'articolo 64, terzo comma, della Costituzione, in ordine alla legge 22 ottobre 1971, n. 865, approvata dalla Camera (con modalità ritenuta illecita), modificata dal Senato e definitivamente approvata dalla Camera, nel nuovo testo, con una maggioranza sicuramente conforme alla Costituzione.

Nella prima deliberazione del 26 maggio 1971, il progetto di legge fu votato con 198 favorevoli, 121 contrari e 154 astenuti; il Presidente Pertini non ebbe problemi a dichiararne l'approvazione, ex art. 48, co. 2 RC; la maggioranza, quindi, fu calcolata sulla base del 319 deputati che avevano votati sì o no, senza computare i 154 astenuti. Qualora, invece, la maggioranza fosse stata calcolata sulla base di tutti i deputati "presenti", ossia che si trovavano nell'Aula al momento della deliberazione (319+154=473), la proposta sarebbe stata respinta, perché i favorevoli (198) erano in numero minore della maggioranza (473/2+1=238). La Corte ha ribadito, con la citata sentenza n. 78, l'autonomia regolamentare di ciascuna Camera, però: cioè, in sede di formazione del Regolamento, ogni Camera è libera di attuare come meglio crede le norme costituzionali che la riguardano.

 

Organi parlamentari

Il Presidente della Camera dei deputati è la terza carica dello Stato, dopo il Presidente della Repubblica e il Presidente del Senato. Il suo ruolo è quello di presiede le sedute dell'assemblea, mantenendo l'ordine in aula, fare rispettare il Regolamento della Camera, giudicare sull'ammissibilità dei testi e degli emendamenti proposti e garantire un funzionamento dei lavori adeguato per lo svolgimento delle prerogative della Camera.

Il Presidente siede al centro dell'assemblea, nel seggio più alto, munito di campanello per mantenere l'ordine e di apposti meccanismi elettronici per gestire le votazioni, i microfoni dei deputati e gli altri apparati.

Il Presidente della Camera presiede le sedute comuni del Parlamento.

 

Ufficio di presidenza

L'Ufficio di presidenza (art. 5 e 12 regolamento interno) è presieduto dal presidente della Camera dei deputati ed è composto:

Da quattro vicepresidenti, che collaborano con il presidente e lo sostituiscono in caso di assenza (art. 9 reg.) presiedendo a turno le sedute dell'Assemblea.

Dai tre questori.

Da almeno otto deputati segretari (art. 5 e art. 11 reg.) che in particolare collaborano con il presidente per assicurare la regolarità delle votazioni in Assemblea.

Dal segretario generale (ma senza diritto di voto)

Il numero dei deputati segretari può essere elevato al fine di consentire la presenza di tutti i gruppi parlamentari nell'Ufficio di presidenza (art. 5, commi 4 e 5 reg.).

 

Funzioni dell'Ufficio di presidenza

Tra le competenze dell'Ufficio di presidenza, cui sono attribuiti anche poteri normativi interni, si segnalano quelle in materia di:

ricorsi sulla costituzione dei gruppi parlamentari e composizione delle Commissioni (art. 12, comma 2, reg.);

sanzioni nei confronti dei deputati che turbino l'ordine delle sedute (art. 60, comma 3 e 4 reg.);

ripartizione dei rimborsi ai partiti per le spese elettorali (art. 9 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, art. 1 e 2 della legge 3 giugno 1999, n. 157, art. 1 e 2 della legge 26 luglio 2002, n. 156);

deliberazione del bilancio annuale delle spese della Camera, che è poi sottoposto all'approvazione dell'Assemblea (art. 12, comma 2, e 66 reg.);

condizione dei deputati (indennità, competenze, ecc..);

organizzazione dell'Amministrazione della Camera, stato giuridico ed economico del personale, amministrazione e contabilità, nomina del Segretario generale e attribuzione degli incarichi dirigenziali (art. 12, comma 3, reg.).

 

Collegio dei questori

In base al Regolamento della Camera (art. 10) tre deputati questori curano collegialmente il buon andamento dell'Amministrazione, vigilando sull'applicazione delle relative norme e delle direttive del presidente. Il Collegio dei questori elabora annualmente il progetto di bilancio interno, che è sottoposto successivamente all'esame dell'Ufficio di presidenza (di cui i deputati questori fanno parte) ed è poi discusso e approvato dall'Assemblea. I questori sovraintendono alle spese della Camera, al cerimoniale, al mantenimento dell'ordine e alla sicurezza delle sedi della Camera, secondo le disposizioni del presidente. A tal fine, poiché la forza pubblica non può entrare nelle sedi della Camera senza autorizzazione del presidente, i questori dispongono degli assistenti parlamentari[8].

 

Conferenza dei presidenti di gruppo

La Conferenza dei presidenti di gruppo è presieduta dal presidente della Camera e costituita dai presidenti di tutti i gruppi Parlamentari. Il Governo è sempre informato delle riunioni della Conferenza per farvi intervenire un proprio rappresentante (articolo 13, comma 1, del Regolamento).

Alla Conferenza possono essere, inoltre, invitati i vicepresidenti della Camera e i presidenti delle Commissioni parlamentari, nonché, ove la straordinaria importanza della questione da esaminare lo richieda, anche i rappresentanti delle componenti politiche del Gruppo misto alle quali appartengano almeno dieci deputati, nonché il rappresentante della componente formata dai deputati appartenenti alle minoranze linguistiche (articolo 13, comma 2, del Regolamento).

 

Funzioni della Conferenza dei presidenti di gruppo

La Conferenza dei presidenti di gruppo viene convocata dal presidente della Camera, ogni qualvolta lo ritenga utile, anche su richiesta del Governo o di un presidente di gruppo, per esaminare lo svolgimento dei lavori dell'Assemblea e delle Commissioni (articolo 13, comma 1, del Regolamento).

Alla Conferenza spetta definire la programmazione dei lavori della Camera, attraverso la predisposizione del programma e del calendario dei lavori dell'Assemblea (articoli 23 e 24 del Regolamento). Il presidente della Camera può convocare preliminarmente la Conferenza dei presidenti delle Commissioni permanenti. La Conferenza delibera, inoltre, sulle richieste di urgenza relative a progetti di legge (articolo 69, del Regolamento), sul termine richiesto dal Governo per la conclusione dell'esame in Assemblea di un disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica (articolo 123-bis del Regolamento), nonché sulla fissazione di un nuovo termine per la presentazione delle relazioni delle Commissioni su progetti di legge iscritti nel programma dei lavori dell'Assemblea, qualora il Governo, senza indicarne il motivo, abbia omesso di fornire nei tempi stabiliti i dati e le informazioni richiesti dalla Commissione (articolo 79, comma 7, del Regolamento).

 

Gruppi parlamentari

Ai fini di un adeguato funzionamento della Camera, i parlamentari si ordinano secondo il loro orientamento politico. Questi raggruppamenti prendono il nome di Gruppi parlamentari. È previsto un gruppo misto per raccogliere i parlamentari che non riescono a formare un gruppo di almeno venti deputati o che non si iscrivono ad alcuna componente.

I gruppi hanno un organo direttivo ed eleggono un presidente. I presidenti dei gruppi parlamentari si riuniscono per decidere i lavori della Camera, nella Conferenza dei presidenti, partecipano alle consultazioni svolte dal presidente della Repubblica in occasione della formazione del Governo.

 

La Camera e i poteri dello Stato

Questa scheda illustra i rapporti istituzionali che, in un sistema parlamentare come quello italiano, intercorrono tra la Camera e i poteri dello Stato.                         

 

Il nostro sistema costituzionale prevede un intreccio e un bilanciamento tra i vari poteri dello Stato, e non una rigida divisione. Alla base del circuito istituzionale c'è il popolo che elegge i propri rappresentanti nel Parlamento.

 

Il Parlamento è composto dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica che hanno eguali compiti e poteri (così detto bicameralismo perfetto). Esso è al centro del sistema, ma non riassume in sè tutti i poteri dello Stato. Il Parlamento fa le leggi, ma le leggi da sole non bastano: occorrono provvedimenti concreti di attuazione da parte del Governo e l'azione costante della pubblica amministrazione, della magistratura e degli altri organi dello Stato.

 

E non solo dello Stato centrale: anche le Regioni, le Province e i Comuni (nonché le Città metropolitane, previste dalla Costituzione ma non ancora istituite) sono enti costituivi della Repubblica, e ciascuno è espressione autonoma della volontà popolare. Occorre anzi ricordare che, dopo la riforma costituzionale del 2001, lo Stato può legiferare nelle sole materie indicate dalla Costituzione; nelle altre materie, il potere di fare le leggi spetta alle Regioni.

 

Governo, Presidente della Repubblica, Corte costituzionale e Consiglio superiore della Magistratura sono, almeno in parte, espressione del Parlamento. La magistratura costituisce invece un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.

 

Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri, integrato dai delegati delle Regioni.

 

Può essere messo in stato d'accusa solo per alto tradimento o attentato alla Costituzione in base a una decisione del Parlamento in seduta comune. Ma, fra i poteri presidenziali, alcuni incidono fortemente sul Parlamento, dato che il Capo dello Stato indice le elezioni, può sciogliere anticipatamente le Camere, promulga tutti i progetti di legge approvati dal Parlamento, che solo dopo la sua firma divengono leggi; può rinviare alle Camere, invece di promulgarlo, un progetto di legge chiedendone il riesame.

 

I giudici della Corte costituzionale (eletti in parte dal Parlamento in seduta comune) hanno fra i propri compiti principali quello di valutare la legittimità costituzionale delle leggi approvate dalle Camere, potendo annullarle per incostituzionalità. Il Parlamento elegge anche un terzo dei componenti dell'organo di autogoverno della magistratura, il Consiglio superiore della magistratura.

 

Nella forma di governo parlamentare italiana, i rapporti fra Governo e Parlamento sono molto intensi e stretti. Il Governo, nominato dal Presidente della Repubblica, deve ottenere e conservare la fiducia della Camera e del Senato, che votano separatamente. Dopo la sua formazione si presenta perciò all'una e all'altra Camera per illustrare il suo programma; una volta concluso il dibattito, le Camere votano la mozione di fiducia. Il "rapporto fiduciario" può essere messo in discussione attraverso la presentazione di una mozione di sfiducia alla Camera o al Senato. Il Governo stesso può, altresì chiedere in modo formale di verificare la maggioranza che lo sostiene ponendo la questione di fiducia sulla approvazione (o, al contrario, sulla reiezione) di proposte che ritiene di vitale importanza per la sua azione. Un eventuale voto contrario alle posizioni del Governo in tali occasioni (in cui dibattito parlamentare e votazione assumono forme particolari) comporta l'obbligo di dimissioni del Governo.

 

La partecipazione del Governo ai lavori parlamentari (che coinvolge, a seconda dei casi, il Presidente del consiglio, i ministri o i sottosegretari) è continua e molto intensa: la presentazione di disegni di legge, la partecipazione alla programmazione dei lavoriparlamentari, la richiesta di prendere posizione e manifestare il parere del Governo su quasi tutte le questioni discusse in Assemblea o nelle Commissioni si accompagnano alla regola per cui il Governo deve essere sentito ogni volta che lo richiede.

 

D'altro canto, il Parlamento ha efficaci strumenti, accanto alla approvazione delle leggi, per quella azione continuativa di informazione, indirizzo e controllo sull'attività del Governo, che è propria del rapporto fiduciario intercorrente fra i due organi.

 

 

Attività di Indirizzo e di Controllo

 

Oltre alla funzione legislativa, altre importanti funzioni del Parlamento sono quelle di indirizzo politico e di controllo sull'attività del Governo. Per lo svolgimento di tutti i loro compiti, le Camere dispongono inoltre di strumenti diretti ad acquisire (dal Governo, ma anche da altri) le informazioni necessarie.

 

La partecipazione alla definizione dell'indirizzo politico avviene in primo luogo in occasione del dibattito e della votazione sulla fiducia al Governo, che deve presentarsi alle Camere entro dieci giorni dalla sua formazione (art. 94 Cost.).

 

La linea politica che il Governo pone alla base del proprio programma è discussa nella sede parlamentare e, se approvata, comporta la nascita del rapporto fiduciario che impegna tanto il Governo quanto la maggioranza che lo sostiene in Parlamento.

 

Il rapporto di fiducia può essere sottoposto a verifica in qualsiasi momento:

•          su iniziativa del Parlamento, attraverso la presentazione alla Camera o al Senato di una mozione di sfiducia da parte di un decimo dei componenti. Inserita all'ordine del giorno dell'Assemblea, la mozione di sfiducia (che può riguardare anche un singolo ministro) apre un dibattito in Aula che si conclude con il voto;

•          su iniziativa del Governo stesso, quando pone la cosiddetta questione di fiducia su una determinata proposta all'esame delle Camere. Con questo strumento il Governo dichiara di voler collegare la propria permanenza in carica all'esito di una certa votazione di una delle Camere.

 

In entrambi i casi il voto di sfiducia comporta l'obbligo di dimissioni per il Governo (o, nel caso della così detta "sfiducia individuale", del ministro che ne è colpito).

 

La Camera (così come il Senato) dispone poi di altri strumenti per la definizione di indirizzi che specificano o integrano il programma su cui si basa il rapporto fiduciario:

•          la mozione, con la quale è possibile proporre un dibattito e una deliberazione in Assemblea e che contiene una determinata direttiva al Governo;

•          la risoluzione, con cui possono concludersi, in Assemblea, i dibattiti sulle comunicazioni del Governo o quelli per la discussione di mozioni. In Commissione la risoluzione ha carattere autonomo e consente di definire indirizzi settoriali sugli argomenti di competenza di ciascuna Commissione permanente;

•          gli ordini del giorno di istruzione al Governo per l'attuazione delle leggi, che possono essere presentati nel corso dell'esame di progetti di legge.

Camera e Senato svolgono una generale funzione di informazione e di controllo sull'attività del Governo attraverso due classici strumenti parlamentari (quelli del così detto sindacato ispettivo):

•          le interrogazioni che consistono in domande rivolte al Governo da uno o più parlamentari, per sapere se un dato fatto sia vero, se il Governo abbia informazioni in merito e se intenda intervenire.

Le interrogazioni sono di diverso tipo, giacchè possono comportare la risposta orale in Assemblea o in Commissione, con facoltà di replica da parte del presentatore, o la risposta scritta del Governo, che viene comunque pubblicata negli atti parlamentari. Una procedura particolare (sul modello del question time inglese) è quella che si svolge in Assemblea (in genere il mercoledì pomeriggio) ovvero in Commissione per le interrogazioni a risposta immediata, in cui le domande e le risposte si intrecciano con un ritmo più rapido e una maggiore immediatezza rispetto a quelli ordinari;

•          le interpellanze sono domande scritte e motivate rivolte da singoli parlamentari per conoscere i motivi della condotta del Governo su determinate questioni e sui provvedimenti che l'esecutivo intende adottare.

Il potere di inchiesta parlamentare è previsto dalla Costituzione: l'art. 82 stabilisce che "ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse nominando commissioni formate in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi". Nella maggior parte dei casi, le Commissioni di inchiesta sono composte insieme da deputati e senatori e sono istituite con legge. Le Commissioni parlamentari d'inchiesta operano con "gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria".

 

Le Camere hanno anche altri strumenti per acquisire informazioni: le singole Commissioni permanenti possono, ad esempio, svolgere indagini conoscitive, con l'audizione di ministri, funzionari dello Stato, esperti, rappresentanti delle categorie interessate e così via, per acquisire valutazioni, conoscenze e studi su problemi particolari che rientrano nella competenza di ciascuna Commissione. La relazione approvata al termine dell'indagine farà il punto sulla discussione svolta e sulle conoscenze acquisite.

 

Le audizioni che si svolgono durante l'esame dei progetti di legge assegnati alla Commissione servono invece ad acquisire elementi di valutazione e informazioni ai fini della istruttoria sul progetto di legge.

 

La Camera E L’Iniziativa Legislativa

 

Consiste nella presentazione ad una delle due Camere di un progetto di legge, composto da uno o più articoli e preceduto da una relazione illustrativa. Spetta al Governo, ai singoli deputati e senatori (ciascuno nella Camera a cui appartiene), al popolo (50.000 elettori), al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro ed ai Consigli regionali.

Alla Camera, i testi presentati dal Governo vengono definiti disegni di legge, mentre tutti gli altri vengono denominati proposte di legge. Quando invece ci si riferisce indifferentemente a tutte le ipotesi di iniziativa legislativa si parla, nel linguaggio corrente, di progetti di legge. I progetti di legge una volta presentati, vengono annunciati all'Assemblea, stampati e distribuiti nel più breve tempo possibile. Successivamente sono assegnati alla Commissione permanente competente per la materia trattata dal progetto.

 

L'esame e l'approvazione della Camera

 

Il procedimento ordinario si articola in due fasi:

Nella sua attività istruttoria, la Commissione può stabilire di trattare insieme due o più progetti (che sono detti abbinati) per presentare un'unica relazione e un solo testo all'Assemblea. A tal fine può scegliere uno dei progetti come testo base della discussione o può procedere - eventualmente incaricando un Comitato ristretto - alla stesura di un testo unificato dei diversi progetti.

Durante l'esame, la Commissione acquisisce i pareri di altre Commissioni che si riuniscono in sede consultiva per formulare osservazioni e avanzare suggerimenti sulle parti del progetto di loro competenza. I componenti della Commissione delineano le posizioni delle varie parti politiche sul contenuto del provvedimento e presentano proposte di modifica (gli emendamenti) su cui la Commissione delibera. Sono acquisiti, anche attraverso audizioni di non parlamentari, le opinioni e i dati ritenuti necessari e il Governo partecipa all'istruttoria e alla elaborazione del testo.

Al termine del proprio lavoro, la Commissione incarica un relatore di preparare la relazione per l'Assemblea, che riporta il testo predisposto dalla Commissione e alla quale possono aggiungersi relazioni di minoranza. La discussione in Aula viene seguita da un Comitato dei nove che comprende i relatori e i rappresentanti dei gruppi della Commissione che ha svolto l'esame in sede referente.

La discussione in Assemblea parte dalla illustrazione del relatore, dall'intervento del rappresentante del Governo e da quelli dei deputati che intervengono sulle linee generali del provvedimento, esprimendo la posizione dei gruppi. Vengono poi esaminati i singoli articoli del progetto, votando gli emendamenti presentati al testo predisposto dalla Commissione. Nella fase finale, dopo l'esame di eventuali ordini del giorno (che sono documenti di indirizzo al Governo sul modo in cui dovrà essere applicata la futura legge) e dopo le dichiarazioni di voto sul provvedimento, si procede alla approvazione del progetto nel suo complesso.

Accanto al procedimento ordinario (che per alcuni tipi di legge va seguito obbligatoriamente) sono previsti due procedimenti abbreviati:

Esame dei progetti approvati dal Senato

Un progetto approvato dal Senato viene esaminato secondo la stessa procedura seguita per quelli che iniziano il proprio cammino alla Camera.

Il messaggio del Presidente dell'altro ramo del Parlamento sarà perciò stampato come gli altri progetti: assegnato in Commissione in sede legislativa o referente, il progetto seguirà tutte le tappe del procedimento ordinario o in sede legislativa.

Se però si tratta di un progetto già approvato dalla Camera e che torna a Montecitorio perchè il Senato vi ha apportato delle modifiche, l'esame alla Camera riguarderà le sole parti modificate. Nel nostro sistema di bicameralismo perfetto, la navette fra Camera e Senato continua fino a quando i due rami del Parlamento non concordano nell'approvare un testo perfettamente identico.

La promulgazione e la pubblicazione

La promulgazione è l'atto con il quale il Capo dello Stato attesta che un certo testo è stato approvato quale legge e ne ordina la pubblicazione e l'osservanza.

La promulgazione deve avvenire entro il termine massimo di un mese dall'approvazione definitiva della legge. Ma il Presidente della Repubblica può rinviare la legge alle Camere, con messaggio motivato, per chiedere una nuova deliberazione.

Il rinvio presidenziale riapre il procedimento legislativo, e se la legge viene nuovamente approvata essa deve essere promulgata.

Subito dopo la promulgazione, la legge è pubblicata.

La pubblicazione della legge avviene ad opera del Ministro della giustizia, e consiste tecnicamente nell'inserzione del testo nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana e nella pubblicazione dello stesso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

La legge entra in vigore - e diviene quindi obbligatoria per tutti - il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (vacatio legis), a meno che la legge stessa non prescriva un termine minore o maggiore. La data della legge è quella del decreto di promulgazione, il numero quello della sua inserzione nella Raccolta ufficiale.        

 

Struttura e funzioni del Senato

 

 Il Senato è una istituzione complessa composta da una pluralità di organi (il Presidente, il Consiglio di Presidenza, l'Assemblea, le Commissioni, le Giunte ecc.), alcuni dei quali direttamente previsti dalla Costituzione, altri disciplinati dai Regolamenti interni.

Il Presidente rappresenta il Senato e garantisce la regolarità dei lavori parlamentari ed il buon andamento dell'amministrazione interna: per questo, nel dare attuazione al dettato costituzionale (articolo 63), il Regolamento stabilisce che la prima seduta dopo le elezioni sia dedicata alla sua elezione. Nella seduta successiva a quella in cui viene eletto il Presidente, l'Assemblea procede all'elezione del Consiglio di Presidenza, cui sono attribuite funzioni di rilievo: tra queste può citarsi la deliberazione del progetto di bilancio interno e quella sulle sanzioni da irrogare ai senatori, nonché l'approvazione dei regolamenti interni (ma, oltre alle diverse funzioni specificamente attribuite, il Consiglio di Presidenza esamina anche tutte le questioni che gli sono deferite dal Presidente) .

L'Assemblea e le Commissioni rappresentano l'ordinaria sede di lavoro dei senatori. La prima costituisce il luogo centrale dell'attività del Senato, quello ove si assumono decisioni, si approvano le proposte di legge e si svolgono i dibattiti. Le seconde, come previsto dalla Costituzione (articolo 72), hanno il compito principale di esaminare i disegni di legge che rientrano nella loro competenza per poi riferire all'Assemblea; in determinati casi stabiliti dal regolamento possono tuttavia andare oltre il lavoro istruttorio e procedere esse stesse all'approvazione della proposta legislativa (in questi casi si parla di Commissioni "in sede deliberante") . Inoltre, le Commissioni svolgono attività di carattere consultivo (rendono pareri alle altre Commissioni o all'Assemblea), nonché di controllo e indirizzo nei confronti del Governo. Allo stato attuale, i due rami del Parlamento contano un uguale numero di Commissioni permanenti: dopo la modifica regolamentare che ha trasformato la Giunta per gli Affari delle Comunità Europee (GAE) in Commissione Politiche dell'Unione Europea, le Commissioni del Senato sono - da 13 - divenute 14. Esse sono specializzate per materia secondo uno schema che riflette, in linea di massima, i settori corrispondenti ai diversi Ministeri e composte in modo tale da rispecchiare proporzionalmente i rapporti numerici tra le forze politiche presenti in Assemblea.

Oltre alle 14 Commissioni permanenti previste dal Regolamento, il Senato può decidere di dar vita a Commissioni d'inchiesta, a Commissioni bicamerali e speciali. All'interno del Senato operano, inoltre, la Giunta per il Regolamento, la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, nonché la Commissione per la biblioteca e per l'archivio storico.

In ossequio al principio del bicameralismo perfetto il ruolo del Senato nell'ambito del procedimento legislativo è identico a quello della Camera dei deputati: perché una proposta legislativa diventi legge è necessario che essa sia approvata nello stesso testo da entrambi i rami. Oltre a svolgere un ruolo fondamentale nel procedimento legislativo (e nel procedimento di revisione costituzionale), il Senato accorda e revoca la fiducia al Governo ed è titolare, nei confronti dello stesso, di poteri di controllo e di indirizzo politico, che si esplicano attraverso l'adozione di atti di indirizzo (mozioni, risoluzioni, ordini del giorno) e di atti di sindacato ispettivo (interrogazioni, interpellanze). Attraverso tali atti il Senato non partecipa alla creazione di norme giuridiche (funzione legislativa in senso stretto), ma concorre nella determinazione dell'indirizzo politico o controlla l'operato del Governo, nell'ambito del rapporto fiduciario che lega tali organi (nel sistema attuale il Governo deve infatti avere la fiducia di entrambe le Camere).

Oltre alle succitate funzioni tipiche, che connotano il Senato come organo legislativo e di indirizzo politico, ve ne sono anche altre che potrebbero ritenersi di carattere amministrativo o giurisdizionale: si pensi alla predisposizione ed all'approvazione del bilancio interno o alla verifica sui titoli di ammissione dei neo-eletti senatori e al giudizio sulle cause sopravvenute di ineleggibilità e incompatibilità (ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione). Infine, alla stregua della normativa vigente, vi è una competenza che spetta esclusivamente al Senato: quella di conferire l'autorizzazione a procedere in materia di reati ministeriali, quando i soggetti nei cui confronti deve svolgersi il processo non sono parlamentari, oppure quando sono parlamentari appartenenti a Camere diverse.

Procedimento legislativo

In Italia il procedimento legislativo statale per le leggi ordinarie è disciplinato nella parte II della Costituzione al titolo I, sez. II dagli artt. 71-74, e dai regolamenti parlamentari.

Questo procedimento è composto dalle seguenti fasi:

·         Fase dell'iniziativa

·         Fase della discussione e della votazione (da parte del Parlamento)

·         Fase della promulgazione (da parte del presidente della Repubblica)

·         Fase della pubblicazione (sulla gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana)

·         Fase della vacatio legis (per un periodo di 15 giorni dalla pubblicazione)

·         Fase dell'entrata in vigore

 

Fase dell'iniziativa

La fase dell'iniziativa consiste nell'esercizio da parte di determinati soggetti del potere di sottoporre progetti di legge al Parlamento.

La Costituzione riconosce tale potere:

·         ai membri del Parlamento. Sia i gruppi parlamentari che il singolo deputato o senatore possono sviluppare proposte di legge di modo da essere titolari appieno di questa funzione aderendo alle proprie idee e progetti di partito.

·         al Governo. Il governo utilizza il suo diritto di iniziativa per sviluppare il suo programma e può essere titolare di questa sua funzione solo in sede collegiale; inoltre ogni sua proposta di legge prima di passare al Parlamento deve essere autorizzata dal Presidente della Repubblica. Il governo ha dei campi (leggi che riguardano la manovra di bilancio e leggi di conversione di decreti legge) nei quali le sue proposte sono essenziali all'attuazione del programma e, perciò, vengono con alta probabilità accettate in parlamento, dove il governo stesso può contare sui parlamentari che gli hanno dato la fiducia.

·         al corpo elettorale (che può essere esercitata attraverso la presentazione alle Camere da una proposta sottoscritta da almeno 50.000 elettori) mediante iniziativa legislativa popolare, sulla base dell'art. 71 della Costituzione.

·         ai Consigli Regionali

·         al CNEL; generalmente questo consiglio svolge una funzione consultiva, ma la Costituzione gli attribuisce la facoltà di proporre leggi.

·         agli organi ed enti cui sia conferito suddetto potere da legge costituzionale.

 

Fase della discussione

La seconda fase del procedimento legislativo comincia con l'assegnazione da parte del Presidente della camera (Camera dei Deputati o Senato della Repubblica) cui è pervenuto il progetto di legge alla commissione parlamentare competente "ratione materiae" (ovvero, per materia). La commissione parlamentare opera diversamente a seconda della "sede" in cui viene autorizzata a operare. La commissione parlamentare incaricata di esaminare il progetto di legge può operare in:

·         Sede referente: Si tratta della sede in cui le commissioni operano seguendo il cosiddetto "procedimento legislativo ordinario"; è sempre obbligatorio (art. 72, 4° comma Cost.) per i progetti di legge in materia costituzionale ed elettorale, di delegazione legislativa, di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi; è facoltativo per tutti gli altri progetti di legge. In esso si prevede una discussione sul testo nel suo complesso seguita da una discussione del testo articolo per articolo. Alla discussione segue un voto sul progetto di legge. La commissione ha in tale sede il compito di preparare i documenti (testo del progetto di legge e relazioni) su cui lavorerà poi più accuratamente prima una e poi l'altra camera del Parlamento; in tali sedi plenarie la Commissione è rappresentata da un relatore.

·         Sede legislativa o deliberante: la commissione che opera in sede legislativa (si tratta di un procedimento speciale) si occupa della discussione, della votazione e dell'approvazione del progetto di legge estromettendo completamente il Parlamento dai lavori. È sempre ammessa durante i lavori della commissione la domanda di "rimessione in assemblea" del progetto di legge.

·         Sede redigente: è la seconda procedura speciale prevista dai regolamenti di Camera e Senato; la commissione ha gli stessi compiti che aveva quando operava in sede referente con l'aggiunta che la sua votazione sui singoli articoli del progetto di legge assume carattere di definitività, e il testo che viene presentato alla Camera sarà votato nella sua interezza (senza quindi procedere alla votazione articolo per articolo; sono esclusi da questo procedimento le materie per le quali vi è una riserva di assemblea, citate nella Sede referente)

Il procedimento legislativo ordinario continua con l'assegnazione del progetto di legge al presidente di una delle camere del parlamento il quale permette la discussione, la votazione articolo per articolo e infine la votazione finale sull'intero progetto di legge.

Qualora la maggioranza dei presenti in aula abbia votato favorevolmente il disegno di legge si intende approvato e passa all'altra camera, la quale se vota favorevolmente al progetto senza apportarvi modifiche fa sì che sia completata la fase deliberativa. Se invece vi apporta modifiche il disegno ripassa all'altra camera che a sua volta se apporta modifiche deve ripassarlo ulteriormente e così via fino a che uno stesso testo è approvato in entrambe le camere. Questo fenomeno viene definito con il termine navette.

Fase integrativa dell'efficacia

La terza e ultima fase è quella che attiene alla produzione degli effetti normativi della legge e riguarda la promulgazione e la pubblicazione. La promulgazione deve avvenire entro 30 giorni dall'approvazione parlamentare o in un termine minore se entrambe le Camere, a maggioranza assoluta, ne dichiarano l'urgenza (Art. 77 della Costituzione) e spetta al Presidente della Repubblica. Non sempre il Presidente della Repubblica decide di promulgare la legge, in quanto essa potrebbe avere dei difetti sostanziali (essere in contrasto con i dettati costituzionali) oppure vizi formali (difetti sul procedimento legislativo) quindi spetta a lui porre il primo vero sindacato (preventivo) della legge.

Se la decisione di promulgare fosse negativa, la legge viene rinviata alle camere con un messaggio motivato del Presidente della Repubblica (il cosiddetto "veto sospensivo"). Se il progetto di legge viene approvato nuovamente il presidente è obbligato a promulgarlo.

Subito dopo la promulgazione, e comunque entro 30 giorni dalla stessa, la legge deve essere pubblicata. Quest'ultima fase vede l'intervento del Ministro della Giustizia, depositario del sigillo dello Stato. Una volta posto il sigillo alla legge, essa viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. La legge entra in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione nella gazzetta ufficiale (vacatio legis), a meno che la stessa legge non preveda un termine diverso.

 

Decreto-legge

 

Un decreto-legge (pl. decreti-legge e abbreviato in d.l.), anche scritto decreto legge, nell'ordinamento giuridico italiano, è un atto normativo di carattere provvisorio avente forza di legge, adottato in casi straordinari di necessità e urgenza dal Governo, ai sensi dell'art. 77 e 72 della Costituzione della Repubblica Italiana.

Entra in vigore immediatamente dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, ma gli effetti prodotti sono provvisori, perché i decreti-legge perdono efficacia se il Parlamento non li converte in legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione. È inoltre regolato ai sensi dell'art. 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400. Talvolta viene definito anche come "decreto catenaccio".

Natura giuridica dell'atto

La dottrina è divisa sulla qualificazione di queste fonti tra le "fonti-atto" o tra le "fonti-fatto": si ritiene prevalentemente che il decreto-legge sia una fonte-atto di rango primario, ma alcuni autorevoli studiosi (tra gli altri, Carlo Esposito e Pierfrancesco Grossi) ritengono che si tratti di una fonte-fatto di diritto scritto.

Secondo questa seconda teoria minoritaria, il decreto-legge sarebbe di per sé illegittimo, in quanto nato extra ordinem, ossia in deroga alla riserva della potestà legislativa alle Camere ex art. 70 Cost. ed al disposto sui cosiddetti "decreti delegati" (art. 77 comma 1 Cost.). Tale deroga sarebbe giustificata da motivi di necessità ed urgenza, ed in questo senso sarebbe pienamente comprensibile la necessaria conversione del decreto-legge in legge, pena una vera e propria inesistenza giuridica dell'atto. Inoltre, in quest'ottica sarebbe giustificata la particolare disposizione dell'art. 77 comma 2 Cost., che prevede che il Governo adotti il decreto "sotto la sua responsabilità". Secondo questa peculiare prospettiva, non accettata dalla dottrina maggioritaria, la conversione del decreto legge equivarrebbe ad una convalida. in più il decreto legge è stato abusato negli ultimi anni soprattutto in materia di diritto penale.

La legge di conversione del decreto sarebbe invece una fonte-atto di diritto non scritto, in quanto rinvia interamente al testo del decreto-legge.

Procedimento legislativo

Il decreto-legge deve essere deliberato dal Consiglio dei ministri, emanato dal Presidente della Repubblica e immediatamente pubblicato sulla G.U. Il giorno stesso della pubblicazione: poi deve essere presentato il giorno stesso alle Camere, che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro 5 giorni: infatti la conversione del decreto-legge rientra tra i poteri delle Camere in regime di "prorogatio". Presentato il decreto-legge, il Governo chiede al Parlamento di produrre la legge di conversione, per cui il decreto-legge viene presentato come allegato di un disegno di legge.

Il procedimento di conversione presenta, rispetto al procedimento legislativo ordinario, alcune variazioni, introdotte nei regolamenti parlamentari. In parte esse sono dettate dall'esigenza di assicurare in tempi certi e brevi l'approvazione del disegno di legge, in parte dall'esigenza di consentire alle Camere di svolgere un controllo attento sulla sussistenza dei presupposti della necessità e urgenza.

In particolare l'art.72 della costituzione, al terzo comma, consente ai regolamenti parlamentari di stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge siano deferibili ad apposite Commissioni.

I meccanismi apprestati dalla Camera e dal Senato sono venuti differenziandosi. Il regolamento del Senato prevede ancora il parere obbligatorio espresso preliminarmente dalla Commissione Affari Costituzionali sulla sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza. Alla Camera invece è stato tolto il parere preventivo della Commissione Affari Costituzionali, seguendo un "filtro" più complesso:

·         innanzitutto, nella relazione del Governo che accompagna il disegno di legge di conversione deve essere dato conto dei presupposti di necessità e di urgenza per l'adozione del decreto-legge; inoltre, vengono descritti gli effetti attesi dalla sua attuazione e le conseguenze delle norme da esso recate sull'ordinamento;

·         il disegno di legge è sottoposto, oltre che alla commissione referente competente, al Comitato per la legislazione. La legge 400/1988 dispone infatti che il decreto-legge debba contenere misure d'immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo: al Comitato è quindi affidato il compito di rendere effettiva questa disposizione.

Il sindacato sulla necessità e l'urgenza dell'atto è di natura prettamente politica; tuttavia è antica in Italia la tradizione di una ricaduta giurisdizionale (con conseguente valutazione dell'atto, anche solo sotto il profilo formale), per cui di recente è accaduto che la Corte costituzionale (sentenza n° 171 del 2007) abbia dichiarato incostituzionale un comma di un decreto in materia di enti locali per mancanza dei requisiti di necessità e urgenza.

Una declaratoria di illegittimità costituzionale da parte della Consulta produce effetti anche sulla legge di conversione eventualmente approvata dal Parlamento o pubblicata in Gazzetta Ufficiale prima del pronuncia, rendendola nulla.

Eventuale decadenza e casi di sanatoria

I decreti-legge, se non convertiti in legge entro 60 giorni, perdono efficacia sin dall'inizio. La perdita di efficacia del decreto-legge è chiamata "decadenza", che travolge tutti gli effetti prodotti dal decreto-legge. Quando il decreto entra in vigore, esso è pienamente efficace e va applicato; ma se decade, tutto ciò che si è compiuto in forza di esso è come se fosse stato compiuto senza una base legale. Tutti gli effetti prodotti vanno eliminati perché costituiscono, una volta persa la base legale, degli illeciti.

L'art. 77 della Costituzione appresta due strumenti attraverso i quali è possibile trovare una soluzione:

1.   la legge di sanatoria degli effetti del decreto-legge decaduto (art. 77 ultimo comma). Si tratta di una legge riservata alle Camere con cui si possono regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Ovviamente, attraverso questo strumento è il Parlamento a risolvere il problema. Vanno considerati due aspetti:

·         innanzitutto il Parlamento, quando decida di non convertire il decreto-legge, non è affatto tenuto ad approvare la legge di sanatoria. Si tratta di una decisione politica, come tale libera e non affatto indipendente della scelta, di coprire o meno la responsabilità del Governo;

·         in secondo luogo non è una soluzione tecnicamente praticabile sempre e comunque. Il Parlamento può appunto regolare i rapporti giuridici sorti, ma nel rispetto dei principi costituzionali e, in particolare, del principio di eguaglianza, cioè del divieto di trattare situazioni eguali in maniera diversa e situazioni diverse in maniera eguale.

2.   l'altro strumento è quello della responsabilità giuridica del Governo (art. 77 secondo comma, nei suoi vari tipi:

·         responsabilità penale, poiché i ministri rispondono singolarmente degli eventuali reati commessi con l'emanazione del decreto-legge;

·         responsabilità civile, perché i ministri rispondono solidalmente degli eventuali danni prodotti ai terzi ex articolo 2043 del cod. civ.: "qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno";

·         responsabilità amministrativo-contabile: i ministri che hanno espresso voto favorevole al decreto-legge rispondono solidalmente degli eventuali danni prodotti allo Stato, il cosiddetto "danno erariale"; se lo Stato ha dovuto risarcire il danno subito dal terzo, per la responsabilità civile solidale appena accennata, si deve rivalere sui ministri.

Effetti perversi sulle tempistiche del processo legislativo ordinario

Il decreto-legge, mosso dall'esigenza di anticipare gli effetti del provvedimento senza attendere i tempi di procedimento parlamentare, ha provocato il rafforzamento della sua causa, cioè ha fatto ulteriormente allungare i tempi medi dell'iter parlamentare.

Più si allungano i tempi dell'iter parlamentare, più si fa necessario adottare i provvedimenti urgenti del decreto-legge; e viceversa. Quindi vi è un aumento inesorabile del ricorso al decreto-legge, al quale l'Esecutivo ricorre con sempre maggiore intensità. L'esigenza di ricorrervi è stata espressa anche ad altri livelli di normazione legislativa, come quello regionale: sul punto, però, il dato costituzionale è un elemento inconfutabilmente contrario.

Prassi e incostituzionalità della reiterazione dei decreti-legge

Se il decreto-legge è adottato per varare una disciplina complessa, per la quale il procedimento legislativo ordinario sarebbe stato troppo dispersivo, è assai improbabile che 60 giorni bastino all'esame parlamentare. Così è invalsa la prassi, dubbiamente costituzionale, della reiterazione del decreto-legge: alla scadenza dei 60 giorni il Governo emana un nuovo decreto-legge, che riproduce senza o con minime variazioni quello precedente, ormai scaduto, e ne sana gli effetti attraverso meccanismi diversi, il più comune dei quali è la retroazione degli effetti del decreto-legge reiterante, all'entrata in vigore del decreto reiterato.

Né il sistema politico, né le istituzioni parlamentari sono riuscite a bloccare il circolo vizioso e invertirne il corso: alcuni decreti-legge sono stati reiterati per ben 23 volte. Alla fine è intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza n° 360 del 1996 che ha posto un argine definitivo alla prassi della reiterazione: le Camere ne presero atto il 30 ottobre 1996, assicurando per legge gli effetti prodotti dal decreto caducato per l'intervento della Corte costituzionale.

Giudicata assolutamente incompatibile con la disciplina costituzionale del decreto-legge, la reiterazione è ammissibile soltanto quando il nuovo decreto risulti formato su autonomi motivi di necessità e urgenza, motivi, che in ogni caso, non potranno essere ricondotti al solo fatto del ritardo conseguente dalla mancata conversione del precedente decreto.

Peraltro in passato, in caso di reiterazione di un decreto-legge su cui era in corso un giudizio di legittimità costituzionale presso la Corte costituzionale, la stessa Corte ha ritenuto possibile "trasferire" il giudizio sul testo identico del decreto reiterato.

Abuso della decretazione d'urgenza

L'abuso della decretazione d'urgenza , specialmente negli anni Settanta in avanti, produsse il fenomeno della reiterazione dei decreti legge, consistente nella riproduzione delle norme di un decreto legge, non convertito in legge, in altro decreto legge, adottato alla scadenza del termine di decadenza di quello precedente. In effetti si ebbero decreti reiterati per decine di volte (il record fu 29 volte con il decreto Milleproroghe), prima che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 360 del 1996, sancisse il divieto di reiterazione, cioè di riprodurre lo stesso identico decreto allo scopo di protrarne l'efficacia nel tempo: prassi che aveva trasformato di fatto la decretazione d'urgenza in modo ordinario di produzione normativa primaria. La Corte affermò che una simile prassi contrastava con elementari principi costituzionali: la straordinarietà delle necessità e urgenza, la provvisoria efficacia del decreto legge, la separazione delle funzioni tra Parlamento e governo. Nello stesso tempo la Corte ritenne legittimo ripresentare decreti non convertiti sullo stesso oggetto solo se fondati su presupposti nuovi o se caratterizzati da contenuti sostanzialmente diversi.

L'abuso si verifica anche in sede di conversione, quando il Parlamento aggiunge al testo del decreto contenuti eterogenei per accelerare l'approvazione di proposte da troppo tempo pendenti in Parlamento: anche su questo tipo di abuso va maturando una giurisprudenza severa della Corte costituzionale.

La sentenza n. 220/2013 sulla riforma delle province varata dal Governo Monti ha tipizzato una fattispecie di abuso della decretazione d'urgenza nell'introduzione mediante questo strumento di modifiche a norme ordinamentali di "intelaiatura.. per loro natura disciplinate da leggi destinate a durare nel tempo e rispondenti ad esigenze sociali ed istituzionali di lungo periodo, secondo le linee di svolgimento dei princìpi costituzionali nel processo attuativo delineato dal legislatore".

Decreto Milleproroghe

Informalmente, viene detto decreto Milleproroghe un decreto-legge volto a prorogare o risolvere disposizioni urgenti entro la fine dell'anno in corso.

Decreto omnibus

Informalmente, viene detto decreto omnibus (latino: "per tutto") un decreto-legge contenente norme disparate risalenti a settori e necessità urgenti di diversa natura.

 

Decreto legislativo

Con l'espressione decreto legislativo (spesso abbreviato in D.Lgs.) o decreto delegato si intende, in particolare nel diritto costituzionale, un atto normativo avente forza di legge adottato dal potere esecutivo (Governo) per delega espressa e formale del potere legislativo (Parlamento).

Atti normativi similari esistono in vari ordinamenti, assumendo anche una diversa denominazione.

In Italia la decretazione legislativa è prevista dall'art. 76 della Costituzione ed è uno strumento con il quale le Camere decidono, per esempio per motivi di inadeguatezza tecnica o mancanza di tempo, di non disciplinare nel dettaglio una determinata materia non coperta da riserva di legge formale, riservandosi però di stabilire i principi e i criteri direttivi, cioè la "cornice" entro la quale il Governo dovrà legiferare. La delega al governo, infatti, non può mai essere "in bianco", ma lo vincola a rispettare una serie prestabilita di limiti. In genere sono emanati nella forma di decreti legislativi quei testi normativi che per la loro mole sarebbero difficilmente gestibili in sede parlamentare, come nel caso di testi unici e codici.

La cosiddetta legge delega (approvata dalle Camere come una qualsiasi altra legge) disciplina appunto l'ambito, le direttive e i limiti a cui il governo dovrà attenersi nel predisporre i decreti legislativi. L'art. 76 della Costituzione prescrive inoltre che la delega legislativa sia limitata nel tempo: il governo, trascorso inutilmente il limite temporale fissato dal Parlamento per esercitare la delega, non può più legiferare.

Nonostante la Costituzione non lo preveda espressamente, è invalsa la prassi secondo cui la legge delega impone al governo, prima di approvare definitivamente un decreto delegato, di sottoporne lo schema alle Commissioni parlamentari competenti sulla materia; anche se spesso il Governo ne accoglie eventualmente i pareri e le osservazioni, resta sua facoltà disattenderli, in ossequio al principio di separazione dei poteri.

Legge delega e caratteri essenziali

La delega può essere conferita soltanto mediante legge, mai tramite decreto-legge che esproprierebbe il Parlamento della sua funzione principale di cui all'art. 70 della Costituzione.

Tale atto risponde a caratteri di imperatività e istantaneità, ossia il governo ha il dovere (anche se soltanto politico non essendo positivamente previsto) di dare concreta e piena attuazione alla delega ricevuta e ciò attraverso l'approvazione di un solo atto. Il secondo aspetto è smentito tuttavia dalla prassi e dalla legge 23 agosto 1988, n. 400, che prevede la possibilità di più atti in caso di numero elevato di oggetti da disciplinare nella legge di delega (e infatti è invalso l'uso corrente di specificare nella legge delega che il Governo è autorizzato ad adottare uno o piùdecreti delegati).

La legge delega può essere anche mista, ossia contenere disposizioni di immediata applicazione oltre che contenuti delegati. Ci sono, poi, materie in cui il governo non può legiferare, ossia: amnistia e indultobilancio e tributiratifica dei trattati internazionalileggi costituzionali, e leggi di conversione dei decreti-legge.

Il procedimento di formazione

Il procedimento di formazione del decreto legislativo (abbreviato con d. lgs.) è disciplinato dall'art. 14 della legge n. 400/1988, secondo cui il decreto va deliberato dal governo entro il termine fissato dalla legge di delega, e va presentato almeno venti giorni prima della scadenza di detto termine al Presidente della Repubblica, il quale provvederà poi all'emanazione.

Qualora il governo italiano non rispetti la legge di delegazione, vale a dire i principi e i criteri direttivi in essa stabiliti, si ha il cosiddetto eccesso di delega che, se sottoposto al giudizio della Corte costituzionale, ne comporta la dichiarazione di illegittimità nella parte che ecceda la delega.

Decreti attuativi degli statuti regionali

Non c'entrano invece nulla con la decretazione legislativa propriamente detta i decreti attuativi degli statuti delle regioni a statuto speciale, emanati tramite un atto che viene anch'esso denominato "decreto legislativo", ma che ha caratteristiche assolutamente particolari. A monte non c'è infatti una legge delega e manca qualsiasi intervento del parlamento nazionale, avendo come base un accordo Stato-Regione.

 

Differenza tra Decreto-Legge e Decreto Legislativo

Il Decreto Legge e il Decreto Legislativo sono due atti aventi forza di legge emanati dal Governo. Nonostante vengano emanati dallo stesso organo dello Stato presentano importanti differenze. In Italia, è bene ricordare, il potere legislativo è affidato al Parlamento che emana le leggi ordinarie. Nonostante ciò, in casi particolari di necessità o per materie particolarmente complesse e tecniche è previsto l’intervento del Governo. Con il Decreto Legge e il Decreto Legislativo al Governo viene affidato il potere legislativo, ovvero la possibilità di emanare atti aventi forza di legge ordinaria che, tuttavia, devono essere convertiti e approvati dal Parlamento entro tempi ben precisi o devono partire proprio dall’iniziativa parlamentare. Quali sono i casi in cui il Governo, avente potere esecutivo, può emanare Decreti Legge e Decreti Legislativi e qual è la differenza tra i due atti aventi forza di legge? Decreto Legge e Decreto Legislativo: definizione e differenza Il Decreto Legge è disciplinato dall’art. 77 della Costituzione, in cui è previsto che il Governo, in caso di necessità e urgenza, ha il potere di emanare atti aventi forza di legge. Si tratta di una deroga alla formazione delle leggi nell’ordinamento italiano che, sulla base di quanto disposto dalla Costituzione, sono emanate dal Parlamento. Secondo quanto disposto dall’art. 77 dalla Costituzione: “Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.” Nella disciplina che regola l’emanazione dei Decreti Legge sono contenute anche alcune importanti indicazioni sulla definizione di Decreto Legislativo e su quando il Governo può emanarli. A differenza del Decreto Legge, il Decreto Legislativo può essere emanato dal Governo soltanto su delega del Parlamento, nella quale e ai sensi dell’art. 76 della Costituzione, devono essere indicati contenuti e tempi dell’emanazione. Con la legge delega il Parlamento demanda al Governo il potere di emanare Decreti Legislativi su materie complesse e specifiche, come Testi Unici o Codici, che se sottoposte al procedimento ordinario di formazione delle leggi causerebbero ritardi e rallentamenti nei lavori parlamentari. La differenza è a questo punto abbastanza chiara ed evidente ma, vediamo nel dettaglio, in cosa consiste un Decreto Legge (D.L.) e quali sono le caratteristiche del Decreto Legislativo (D.Lgs.) Decreto Legge: procedura e casi in cui il Governo ha potere legislativo Il Decreto Legge, così come indicato dall’art. 77 della Costituzione, può essere emanato dal Governo come atto avente forza di legge ordinaria soltanto nei casi di necessità e urgenza. Si pensi ai casi di calamità naturali, per i quali è necessario un intervento normativo immediato. In questi casi, il Governo può decidere in autonomia di emanare leggi le quali, tuttavia, devono obbligatoriamente essere presentate lo stesso giorno al Parlamento e approvate e convertite in legge dal Parlamento entro 60 giorni, pena la perdita di valore retroattiva, ovvero dal momento della loro entrata in vigore. La nozione di necessità e urgenza è, tuttavia, fonte di molte perplessità: non sono mancati i casi in cui i Governi hanno normato con Decreto Legge discipline per le quali sarebbe stato più opportuno un intervento del Parlamento; si pensi soltanto a titolo di esempio al D.L. che ha abolito i voucher Inps, lasciando un vuoto normativo sulla disciplina del lavoro accessorio. L’abuso dei Decreti Legge è stato più volte denunciato sia da costituzionalisti che da membri del Parlamento; il potere legislativo affidato al Governo, organo amministrativo dello Stato e dotato di potere esecutivo, ha natura straordinaria ma nel corso degli anni è diventata una prassi abusata e fonte di controversie e discussioni. Decreto Legislativo: legge delega e funzioni di Governo e Parlamento A differenza del Decreto Legge, nel quale il Parlamento ha potere successivo all’emanazione dell’atto avente forza di legge ordinaria, con il Decreto Legislativo è lo stesso Parlamento che demanda al Governo l’emanazione di leggi. Con il Decreto Legislativo il Parlamento, attraverso la legge delega, chiede esplicitamente al Governo di emanare leggi riguardanti discipline particolarmente complesse e articolate, le quali richiedono pareri tecnici e specifici. Con la legge delega che precede l’emanazione del Decreto Legislativo il Parlamento, nel rispetto della funzione legislativa attribuita dalla Costituzione, disciplina materia, tempi di emanazione e limiti della potestà legislativa del Governo. La differenza principale tra Decreto Legge e Decreto Legislativo sta nel fatto che il percorso nell’emanazione della legge è inverso: mentre nel primo caso il Governo ha totale autonomia e solo successivamente l’atto è sottoposto al voto del Parlamento, il Decreto Legislativo parte dalla legge delega, emanata dal Parlamento nel rispetto del principio costituzionale della separazione dei poteri.

In Francia

In Francia l'omologo del decreto legislativo può essere considerata l'ordonnance prevista dall'art. 38 della Costituzione del 1958. La norma costituzionale stabilisce che il Governo può chiedere al Parlamento, per l'attuazione del suo programma, l'autorizzazione a porre tramite ordinanza delle norme in materie che sono normalmente riservate alla legge. Se lo ritiene, il Parlamento emana una loi d'habilitation che fissa i limiti di contenuto e di tempo per l'emanazione delle ordinanze governative. Una volta emesse, le ordinanze devono poi essere sottoposte al Parlamento per la ratifica entro il termine fissato dalla legge di autorizzazione, altrimenti decadono (requisito che in questo le avvicina più al nostro decreto-legge). Scaduto il termine fissato dalla legge di autorizzazione, inoltre, il Governo non può più modificare le ordinanze adottate.

In Spagna

La Costituzione spagnola all'art. 82 prevede un procedimento legislativo praticamente identico alla delega legislativa italiana. In particolare, il decreto legislativo, qualora debba consistere nella elaborazione di un articolato recante nuove norme giuridiche, può essere adottato solo in base a una ley de bases o ley delegatoria emanata dalle Cortes Generales. Qualora, invece, il decreto legislativo debba consistere in una raccolta organica di leggi preesistenti (Texto Refundido, equivalente al Testo unico italiano), può essere adottato dal Governo in base a una ley ordinaria.

Negli Stati Uniti d'America

Negli Stati Uniti d'America un caso di legislazione delegata dal potere legislativo a quello esecutivo è dato dagli executive orders del Presidente laddove il Congresso, con una propria legge, gli affidi poteri discrezionali. Si tratta di casi eccezionali, che peraltro non trovano una espressa previsione nella Costituzione. Normalmente, infatti, gli executive orders sono adottati dal Presidente al solo scopo di fornire direttive al Governo, nel caso interpretando anche leggi vigenti, ma senza assurgere a fonte normativa.